Molto spesso la prima domanda che i pazienti mi fanno è se il trattamento si svolgerà con delle manipolazioni oppure con l’utilizzo di apparecchi elettromedicali.
La manipolazione fisioterapica e/o osteopatica, come anche la terapia strumentale, sono solo alcune delle frecce all’arco del fisioterapista (al diplomato osteopata o chiropratico invece non è mai consentito l’utilizzo di strumentazioni elettromedicali).
A seconda della diagnosi medica con cui il paziente arriva in studio e della valutazione funzionale eseguita dal fisioterapista, possono entrambe essere utilizzate per curare, al fine di ottenere due risultati: guarire il paziente e farlo nel minor tempo possibile.
Ma scendiamo più nello specifico cercando di elencare i vantaggi di ognuna delle due metodiche: la strumentazione elettromedicale si utilizza in fisioterapia da moltissimi anni ormai. Già nel I secolo d.C. venivano utilizzate delle fonti naturali di corrente (ad esempio le torpedini di mare) per guarire alcune patologie, fino alle applicazioni più moderne che sono iniziate nella seconda metà del settecento fino a giungere alla nostra elettroterapia moderna. Le più avanzate tecnologie si avvalgono di concetti di fisica e di biochimica applicati alla medicina con l’obiettivo di lavorare principalmente su due aspetti: il dolore e la stimolazione all’autoguarigione delle cellule del corpo umano.
Macchinari come i laser, la tecar, gli elettrostimolatori, la magnetoterapia e le onde d’urto vengono impiegati quotidianamente a questo fine.
Gli elettromedicali risultano quindi ad oggi molto efficaci in ambito fisiatrico, estetico e interventistico, poiché consentono all’operatore di ridurre i tempi di guarigione o di curare patologie che solo manualmente non sarebbe possibile trattare. Chiaramente, per l’utilizzo di tali apparecchiature è fondamentale uno studio approfondito dei principi scientifici di base e dell’applicazione clinica di essi sull’essere umano, altrimenti il trattamento potrebbe risultare inefficace o addirittura dannoso per il paziente.
La terapia manuale invece si avvale di concetti di biomeccanica, cioè dei principi di meccanica applicati al corpo umano, per la cura di determinate patologie ortopediche (riabilitazione post-operatoria), fisiatriche (artrosi, disabilità motorie, terapia conservativa), reumatologiche (artriti, sclerosi), estetiche (linfedema, cellulite, rughe cutanee, lipedema).
Il posizionamento del paziente in determinate posture e le tecniche di presa del fisioterapista unite alla velocità variabile di esecuzione delle manovre consentono di mobilizzare articolazioni poco mobili o bloccate (ad esempio colonna vertebrale, spalla, ginocchio), drenare liquidi in eccesso (ad esempio linfedema, lipedema, borsiti) e restituire lunghezza ad alcuni tessuti (muscoli, tendini, legamenti, tessuto connettivo viscerale) che a seguito di un trauma, una patologia o un intervento chirurgico hanno perso la loro elasticità e lunghezza fisiologica.
Nella pratica clinica quindi l’utilizzo combinato di tecniche manuali biomeccaniche e degli elettromedicali risulta un approccio efficiente ed efficace sia nella cura della patologia che nella riduzione dei tempi di guarigione. Alcuni elettromedicali si adeguano particolarmente bene all’utilizzo contemporaneo alle tecniche manuali, fra questi troviamo la diatermia da contatto o Tecar terapia che consente di unire contemporaneamente un’azione meccanica data dalla mobilizzazione o manipolazione del fisioterapista insieme all’effetto bio-stimolante ottenuto dal campo elettromagnetico dell’apparecchio. In altri casi invece si possono utilizzare elettromedicali e terapie manuali in sequenze studiate specificamente in base alla patologia da trattare ed alla condizione clinica del paziente.
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